mercoledì 30 maggio 2012

Due pesi, due misure


Il pm Di Martino, "autore" dell'inchiesta Last Bet
Ci siamo; l’avevamo detto qualche tempo fa ed era nell’aria da tempo: sono arrivati i primi provvedimenti “pesanti” a carico cioè di tesserati della Serie A e, come diceva un grande presentatore un po’ di anni fa, “non finisce mica qui” (Corrado). Qualcuno penserà che ci vogliamo scagliare contro Conte e sulla Juventus, visto l’orientamento del Blog; niente di più sbagliato. Prima di tutto perché questa volta (almeno) la Juve non c’entra un cavolo di niente, secondo perché la colpevolezza di Conte è da dimostrare, dal momento che per adesso si basa su accuse di un cosiddetto “pentito”. L’affidabilità e la credibilità di questi personaggi, così come lo loro accuse, sono infatti tutte da verificare, come nel caso dei pentiti di mafia o di altri tipi di criminalità, organizzata e non; la situazione va vagliata con serietà, scrupolosità e attenzione e solo dopo un’indagine, ci auguriamo seria ed accurata, si potranno esprimere dei giudizi un po’ più definitivi. Il fatto sul quale è nostra intenzione farvi rivolgere l’attenzione è ancora una volta la netta disparità di trattamento che i media hanno riservato alla Juve oggi e all’Inter quattro anni fa; non si tratta della solita “piangiuta” nella quale le altre tifoserie accusano noi interisti di rifugiarci troppo spesso, ma di una incontestabile e oggettiva analisi dei fatti. Sono mesi che circolano le voci su Conte, almeno da Febbraio, ma in questo caso i media hanno osservato fino a oggi il più religioso e rispettoso silenzio, riservando alla vicenda solo qualche trafiletto a fondo pagine nei giornali o telegrafiche e scarne parole nei vari TG delle testate sportive. Si è detto da più parti che non si voleva influenzare l’avvincente e tirata lotta per la conquista dello scudetto con notizie che potevano risultare destabilizzanti per l’ambiente di uno dei contendenti, a maggior ragione vista l’incertezza e l’equilibrio che aveva assunto la disputa. Ritengo la cosa tutto sommato anche abbastanza giusta, soprattutto perché i fatti eventualmente attribuibili a Conte risalgono al periodo in cui lui allenava il Siena e non era molto corretto che ad andarci di mezzo in questo caso fosse la Juve; ho detto abbastanza dal momento che Conte viene ritenuto un prodotto e un simbolo dell’ambiente Juve. Un simbolo nel bene quando i bianconeri hanno vinto il campionato, ma dovrà essere ritenuto tale anche nel male nel momento in cui le cose dovessero prendere una certa piega; questo sia ben chiaro fin da ora. Noi tifosi interisti avremmo voluto e avuto diritto però, non voglio dire nemmeno allo stesso riguardo, perché in quel caso fu addirittura montata in maniera assolutamente vergognosa una tanto assurda quanto falsa accusa a Mancini e ad alcuni giocatori nella settimana che precedette la partita a Parma assolutamente decisiva per l’assegnazione dello scudetto 2007/08. Vorrei a tale proposito proporvi uno stralcio sull’argomento dal mio libro “A tutta Inter”, terminato di scrivere esattamente due anni fa, nel quale si ripercorrevano le vicende di quei giorni. Inutile dirvi che, trattandosi di un libro regolarmente pubblicato da un Editore con tanto di codice ISBN, i fatti ivi descritti dovevano assolutamente essere supportati da fonti letterarie o giornalistiche facilmente citabili e reperibili, pena la possibilità di vedersi esposti ad eventuali azioni legali. 


"A Tutta Inter", il libro di Alex Trevisan
“Si faceva anche riferimento ad alcune intercettazioni nel corso delle quali si era sentito Mancini stesso a colloquio con Domenico Brescia, titolare di una sartoria vicino alla Pinetina nella quale si servivano sia la Società per le divise ufficiali, sia alcuni giocatori dell’Inter a titolo privato. Il ridicolo della faccenda è che con questo personaggio, indubbiamente tutt’altro che immacolato, avrebbe “trafficato” anche Javier Zanetti, il capitano, persona assolutamente integerrima sia sul campo che fuori, impegnato con la moglie nel sociale (come va di moda dire) avendo costituito la fondazione PUPI che si occupa di dare un aiuto e un futuro a bambini argentini orfani, altrimenti condannati a una brutta fine. Sentire parlare Zanetti di Ferrari 430 con un tipo simile mi sembra veramente assurdo oltre che ridicolo, magari di un Rolex Daytona ci sta già di più. Il problema è sempre lo stesso: qualcuno mi può anche telefonare offrendomi della droga, ma questo non fa di me un malavitoso o un tossicodipendente. Alla stampa non sembrò vero e in particolar modo al “Giornale” della famiglia Berlusconi che dai presunti contatti con questo personaggio ci costruì sopra un incredibile teorema secondo il quale alcuni giocatori dell’Inter avevano scommesso sulla vittoria del campionato 06/07, campionato che peraltro vinsero senza problemi, per cui chissà cosa ci si guadagnava a puntare sull’Inter; per di più c’è il dolo se punti contro te stesso e perdi apposta, non se punti sulla tua vittoria. Poi, cosa ancora più incredibile, era che avrebbero fatto lo stesso anche nell’anno successivo, facendo apposta a farsi avvicinare dalla Roma per fare rialzare le quote di una vittoria dell’Inter, per poi vincere nel secondo tempo dell’ultima partita inserendo Ibrahimovic e conquistare lo scudetto. Ovviamente era implicato anche Mancini che avrebbe orchestrato il tutto e avrebbe tenuto apposta fuori Ibra per due mesi per non vincere troppo in anticipo. Roba che neanche il miglior Hitchock sarebbe riuscito a inventarsi. Al motto di: “Chi di intercettazioni ferisce, di intercettazioni perisce” questa bella “robina” venne tirata fuori “ad hoc” tre giorni dopo la già citata disgraziata partita in casa col Siena e a quattro dalla partita decisiva a Parma, guarda caso dal giornale di proprietà della famiglia del Presidente del Milan che in quel campionato, nonostante fosse partito alla pari, non riuscì nemmeno a qualificarsi per la Champions League dell’anno successivo".
 

Conte è indagato per associazione a delinquere
Lo so, molti di voi obietteranno che non c’è nulla di nuovo in tutto questo, e nel particolare “riguardo” con il quale la nostra squadra viene trattata dai media, ma questo è un caso talmente eclatante che penso nemmeno il più feroce degli anti-interisti riuscirebbe a negare con argomentazioni che avessero un minimo requisito di decenza. Il clamore per il presunto coinvolgimento di un paio di giocatori della nazionale, uno dei quali ha già abbandonato il ritiro di Coverciano (Criscito), ha spinto poi il “vecchio” Trap a prodursi nel solito “pistolotto” moralistico su quanta credibilità stia perdendo all’estero il nostro calcio e la figura da mafiosi che stiamo facendo. Anche qui nulla di così nuovo, e mi chiedo d’altra parte che alta credibilità potrebbe avere il nostro calcio dal momento che la Federazione che dovrebbe disciplinarlo tollera tranquillamente che tutti i membri di una Società che partecipa ai suoi campionati facciano propri titoli da essa revocati e li espongano in pompa magna sia nello Stadio di proprietà sia in Sede, in barba all’articolo nr.1 del codice di Giustizia sportiva che impone alle società, dirigenti, atleti, tecnici, ufficiali di gara e ad ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale l’osservanza delle norme e degli atti federali. Perché, mi chiedo, quando tre anni fa era Mourinho a parlare di calcio italiano “malato” tutti a starnazzare e a berciare contro il portoghese al quale, come ospite nel nostro Paese e dato quello che guadagnava, si negava il diritto e la credibilità ad affrontare certi argomenti? Sì OK, tu puoi dire peste e corna del tuo Paese, ma se è uno straniero a esercitare il diritto anche a una piccola critica dà generalmente molto fastidio; peccato che il Mou avesse maledettamente ragione perché persona schietta e intelligente che argomentava su un mondo che conosce fin troppo bene. Anche in questo caso, due pesi e due misure.

Alex
lunedì 28 maggio 2012

Vorrei un folletto in nerazzurro

I veterani del nostro centrocampo: Deki, il Cuchu e il Capitano
Partiamo dai fischi a Cambiasso, indegni, che hanno sottolineato però una difficoltà evidente del Cuchu nell’ultimo periodo. Partiamo dall’addio di Thiago Motta, a quanto sembra inevitabile. Partiamo dall’età avanzata di Stankovic e dai suoi continui acciacchi fisici. Partiamo dal vuoto che molto probabilmente lascerà (l’ha mai riempito?) Palombo. Partiamo dall’immenso Capitano, che quando c’è da sgroppare sulla fascia palla al piede sembra ancora fresco come una rosa, ma che quando viene schierato in mediana dimostra di non avere più la gamba per reggere a ritmi elevati. Insomma, partiamo dal centrocampo interista: vecchio, lento, poco fantasioso. Certo, Poli (verrà riscattato?) e Obi hanno ampiamente documentato come la gamba ce l’abbiano e la grinta pure, ma – almeno per ora – non c’è da mettere la mano sul fuoco che riescano a far fare il salto di qualità, nonostante sia l’augurio di tutto il popolo nerazzurro.

Non c’è niente da fare, serve una sferzata. Personalmente, a gennaio, con l’addio di Thiago Motta, avevo sperato che in Corso Vittorio Emanuele facessero un pensierino a Daniele De Rossi, in scadenza di contratto, protagonista di un tira e molla con la Roma che avrebbe potuto vederlo ceduto con uno sconto da fare invidia ai magazzini Harrods a fine dicembre. Appunto, ci avevo sperato. Come insegna il saggio, piangere sul latte versato non risolve nessuna questione. Guardiamo avanti. Quando giravano voci di un possibile approdo all’Inter di Marcelo Bielsa, che già la scorsa estate fu vicino a sedere sulla beneamata panchina, da grande ammiratore dell’Athletic Bilbao ho pensato che mettere sotto contratto el Loco senza assicurargli una rosa di giocatori che corrano, corrano e corrano, sarebbe stato un suicidio sportivo. In contemporanea si vociferava di osservatori interisti in giro per l’Europa a prendere nota delle prodezze di Ander Herrera, Iturraspe e De Marcos: FOR-TIS-SI-MI! E tutti classe ’89. Già accaparrarsene uno non sarebbe stato male. Il primo, un gladiatore duttilissimo; il secondo, un perno davanti alla difesa; il terzo, prodigioso negli inserimenti, piedino vellutato, ottimo anche in fase di interdizione. Morale della favola: uno dei tre, qualsiasi esso sia, nel centrocampo dell’Inter darebbe una ventata di freschezza che serve come il pane.

Marco Verratti, il talento del Pescara
Poi la pista Bielsa è caduta definitivamente. Largo alla cantera. Il percorso di Guardiola ha affascinato tutti, Moratti compreso, che ha deciso di dare fiducia al nostro Stramaccioni. E, lo ammetto, sono soddisfatto della scelta. Lo sono ancora più perché mi sono ricordato delle parole di apprezzamento che il tecnico romano ha più volte espresso – più nei corridoi di Appiano Gentile che nelle sale stampa – per un giocatore che personalmente considero come un Campione: Marco Verratti. Da inizio anno seguo con interesse (I love you, Zdenek!) la bella favola del Pescara e…c’è poco da scherzare: compriamolo! Partito un po’ in sordina, Verratti si è guadagnato ben presto le chiavi del centrocampo abruzzese. E l’ha fatto con l’onere del numero 10 sulle spalle. Nessun timore riverenziale dall’alto dei suoi 165cm per i colossi, molto più esperti, che si è trovato a fronteggiare nel campionato cadetto. Verratti è un giocatore classe ’92: 20 anni da compiere a novembre, ma in campo ne dimostra 10 in più. Per esperienza, è ovvio. Perché la gamba ce l’ha eccome. E fosse solo quello: nato come centrocampista offensivo, è stato riposizionato da Zeman qualche metro più indietro, tant’è che in molti lo definiscono con l’epiteto di “vice-Pirlo”. In questo ruolo la pupa Verratti ha trovato il modo di trasformarsi, sviluppando le ali che gli hanno permesso di volare sui campi della Serie B.

Mediano? Regista? Come definirlo, non si sa. E non è certo un segnale di insipidità, anzi: Verratti sa fare tutto. In fase di interdizione non soffre certo il fisico minuto. La quantità di palloni che recupera in ogni partita è impressionante: i tifosi interisti si ricorderanno di Emre, soprannominato la zanzara; ecco, il termine calza molto più a pennello per il pescarese. Poi ci sono i piedi, non buoni, di più: nella prima parte di stagione ha mostrato come sia padrone della fase di palleggio, maestro prima ancora di essere allievo nella gestione della palla; partita dopo partita ha imparato anche a trasformarsi in sopraffino uomo-assist: Ciro Immobile, dall’alto dei suoi 28 gol stagionali, ringrazia caldamente. C’è poi la visione di gioco, splendida. E la freddezza: vederlo fintare sulla linea di fondo (difensiva!) per poi dialogare nello stretto con un compagno ed uscire palla al piede nello scontro diretto con il Torino, beh, mi ha strappato un fragoroso applauso dalla poltrona di casa. Il gioco del Pescara passa spesso e volentieri dai suoi piedi. E se n’è accorto anche Prandelli: il nome di un quasi 20enne, che gioca in Serie B, nella lista dei pre-convocati per l’Europeo fa impressione. Poco importa se, notizia fresca fresca, Verratti è stato spuntato e non giocherà in Ucraina e Polonia: era prevedibile.

Inviterei chi sostiene che non andrebbe comprato perché juventino a guardarsi qualche partita del Pescara. Dopo un’attenta analisi chiederei: “Allora, preferite che un giocatore del genere vada a rinforzare la Gobba, o che vesta la maglia nerazzurra?”. Conosco già la risposta.

Ska
sabato 26 maggio 2012

Palacio è un Top-Player (?): InterCafè nelle stanze segrete dell'Inter

Grazie ai nostri potentissimi mezzi ed alle nostre altolocate amicizie, siamo potuti entrare, in ESCLUSIVA, nelle camere segrete della sede nerazzurra di Corso Vittorio Emanuele 9, dove Branca ed Ausilio stavano elaborando le ultime strategie di mercato e, soprattutto, dove sono stati sistemati gli ultimi dettagli dell'arrivo di Rodriguo Palacio all'Inter.

Marco Branca, Direttore dell'Area Tecnica all'Inter
Ausilio: "Per fare il salto di qualità ora ci servirebbe un top player..."
Branca: "Abbiamo già preso un top player Piero"
A: "Chi? Palacio? Dottore, ma io intendo...."
B: "Dottore 'sta cippa lippa, chiamami Direttore"
A: "Chiedo scusa Direttore"
B: "Perdonato. Cosa intendi tu per top player comunque?"
A: "Beh, i top players sono quelli che da soli ti cambiano le partite, il volto della squadra..."
B: "Ah, tipo Drogba del Chelsea!"
A: "Esatto!"
B: "Cazzo Piero, Drogba c'ha 34 anni, mica è un top player uno di quell'età!"
A: "E' vero, non ci avevo pensato....beh, se allora dev'essere giovane, Neymar è un top player!"
B: "Certo. Sai che se fossi andato io a giocare in Brasile a ventanni mi avrebbero chiamato il nuovo Ronaldo? Piero, per favore, Neymar finchè non arriva in Europa è invalutabile, non è un top player"
A: "Lei ha ragione Direttore, non ci avevo pensato. Però allora, beh, Van Persie è un top player no?"
B: "Sai che è la prima volta in otto anni di Arsenal che gioca più di trenta partite?"
A: "Eh, però ha segnato più di trenta reti..."
B: "Sai che è la prima volta in otto anni di Arsenal che supera le venti reti?"
A: "Però teneva da solo in piedi l'Arsenal, no Direttore?"
B: "Già, ed ha vinto tanto l'Arsenal no?"
A: "Beh, in effetti..."
B: "Van Persie non ha trascinato l'Arsenal, non è un top player"
A: "Ma allora le ridico Drogba Direttore!"
B: "Ancora?! E' VECCHIOOOOOOO!"
A: "Eh ma...niente, va beh. Però Robben è un top player"
B: "Chi, quello che sbaglia i rigori nelle partite decisive e fa gol solo al Basilea e al Borussia Distocazzodispersonellaforestanera?"
Piero Ausilio, Direttore Sportivo all'Inter
A: "Ehm, si...."
B: "Complimenti Piero, proprio complimenti! Per fortuna che tra i due sono io il capo qua, altrimenti sarebbe messa male proprio l'Inter!"
A: "Direttore, quest'anno non mi pare siano andate benissimo le cose eh, senza offesa"
B: "Tu non capisci Piero, cazzo! Era un anno di transizione necessario per rinascere, ma ora col top player..."
A: "Ma chi?"
B: "Palacio"
A: "Cioè, per lei Palacio è meglio di Drogba, Van Persie, Neymar e Robben?"
B: "Chiaro"
A: "Lei sta male scusi! E comunque ha 30 anni Direttore"
B: "Chiedimi immediatamente scusa Piero. Comunque 4 in meno di Drogba"
A: "Scusi Direttore. Però non fa i numeri di Neymar mi perdoni!"
B: "Ti dò i link di quindici video in cui Palacio fa numeri, e li fa in Italia, non nel Brasilerao Meravigliao colmo di pippe come Juan Jesus! Me li ha passati Wes che li stava postando su Twitter"
A: "Juan chi?"
B: "Ma si, quello spilungone che sembra Usher che ho portato a Milano a Gennaio..."
A: "Non credo di ricordare Direttore. Comunque, mi scusi, Palacio ha segnato molto meno di Van Persie, su!"
B: "Verissimo, però i gol di Palacio sono stati decisivi, hanno permesso di salvarsi al Genoa, mentre quelli di Van Persie sono stati per lo più inutili. Ed alla difesa del Blackburn segnava anche mia nonna quest'anno"
A: "Meglio di Robben no però Direttore!"
B: "Lo sa che quest'anno Robben e Palacio hanno praticamente vinto lo stesso numero di trofei?"
A: "Si?"
B: "Si, un cazzo"
A: "Ho capito Direttore, ho capito"
B: "Bravo Piero, sei migliorato da quando sei arrivato da quella merda di squadra dello Spezia"
A: "Grazie Direttore"
B: "E comunque sai quanto abbiamo pagato noi Palacio?"
A: "Certo, 11 milioni"
B: "Bravo, e sai quanto costano quelli che ha detto? Drogba, solo di stipendio, costa quanto un anno di mignotte a casa Berlusconi; Neymar lo vogliono fare pagare almeno 30 milioni, una follia; Van Persie è valutato 45 milioni; Robben ha appena rinnovato e non parte per meno di 30, 35 milioni"
A: "Scherza Direttore?!"
B: "Ti paio uno che scherza?"
A: "Direttore, ha fatto un colpaccio, Palacio è un top player!"
B: "Bravo Piero, sempre detto io" 
(Si apre la porta ed entra un ragazzo in maglietta bianca e jeans, un poco stempiato e con una treccia fine che gli parte dalla nuca. Educatamente saluta ed attende sulla porta mentre le voci dei due dirigenti si fanno sussurri leggeri).
A: "E questo chi è Direttore?!"
B: "Credo sia Palacio Piero..."
A: "Ah..."
B: "Lascia stare Piero, non fidarti delle apparenze, gli insegneremo a vestirsi. Almeno non è proprio brutto come Ribery, in quel caso saremmo stati spacciati. E Ribery è pure meno forte di Rodrigo"
A: "Ne è certo Direttore?"
B: "Certo, costa 42 milioni"
A: "Lei si che ne capisce di calcio Direttore! Palacio è decisamente meglio, è un top player!"
B: "Esatto Piero, esatto. (alzando il tono della voce e rivolgendosi al ragazzo sulla porta) Bene Rodrigo, vieni pure a mettere una firmetta qua, su..."

Benvenuto a Rodrigo Palacio!

Al di là degli scherzi, BENVENUTO RODRIGO PALACIO! Non ti giudicheremo che per ciò che darai sul campo e ricordati che vestire la maglia dell'Inter è un onore, dimostra quanto vali Trenza!
Andrea
giovedì 24 maggio 2012

Bel gioco: was ist das?

Il Chelsea, campione d'Europa senza bel gioco?
Ovvero, che cos’è il bel gioco, come si saranno chiesti in lingua teutonica parecchi sostenitori del Bayern dopo la finale di Champions persa in casa contro il Chelsea. I canoni dell’estetica sono piuttosto “fluttuanti” e sono spesso soggetti a valutazioni di carattere personale, anche se esistono dei “range” dai quali è obiettivamente quasi impossibile uscire se non a scopo puramente provocatorio. Per capirci: una donna può essere ritenuta molto bella da qualcuno e normale o non un granchè da qualcun altro; quasi nessuno al mondo con tutta probabilità riuscirebbe comunque a definire una gran gnocca Rosy Bindi o un cesso inguardabile Monica Bellucci. Si può discutere su quanto sia coinvolgente, divertente ed efficace il gioco del Bayern Monaco, ma troverete ben poche persone che abbiano il coraggio di definire il gioco espresso dal Chelsea di Di Matteo con gli aggettivi sopracitati.
La differenza è che valutare l’estetica in un’opera d’arte, in un paesaggio naturale, in un monumento o semplicemente nell’aspetto fisico di una donna (o di un uomo) rappresenta una disquisizione fine a se stessa, che non implica cioè alcun tipo di effetto su altre situazioni, né le influenza in alcun modo. Per quanto riguarda invece il gioco espresso da una squadra di calcio, scopo della quale è ottenere un risultato vittorioso e quindi prevalere su un’altra, quanto senso ha parlare di “bel gioco”? A quanti tifosi del Bayern interesserà se la loro squadra ha giocato meglio degli avversari subendo una delle più cocenti sconfitte della storia del calcio, e a quanti tifosi del Chelsea interesserà se la loro squadra non ha espresso un gioco spettacolare andandosi però a conquistare una delle vittorie più impensabili della suddetta storia? Crediamo di non sbagliare di molto ipotizzando la risposta: molto pochi.

Di Matteo, artefice del miracolo Chelsea
Il gioco che esprime una squadra, qualunque esso sia, dipende moltissimo dai giocatori che lo interpretano; più bravi sono i giocatori, più bello e divertente risulterà lo spettacolo espresso. Per questo motivo a mio parere non è che abbia senso più di tanto addentrarsi in disquisizioni teoretiche su quali squadre esprimano un bel gioco e quali no; le grandi squadre entrate nella storia erano tutte composte da fior di campioni, in base alle caratteristiche dei quali i vari allenatori hanno saputo adattare il sistema di gioco più adatto al massimo sfruttamento delle stesse. Il Brasile di Pelè,il Real di Di Stefano, l’Inter di Herrera, l’Ajax di Cruijff, il Milan di Sacchi e degli olandesi, il Barcellona di Messi e Guardiola hanno espresso moduli di gioco diversi, resi però tutti spettacolari dalla qualità assoluta dei loro interpreti; un piccolo posto (piccolo purtroppo limitatamente alla breve durata del ciclo) in questa rassegna lo dedicherei anche all’Inter del Mou.
Cerchiamo perciò di non prenderci né in giro, né troppo sul serio: nel calcio, come in tutti gli altri sport del resto, a maggior ragione quando ci sono in ballo interessi milionari, quello che conta veramente è vincere (con mezzi leciti, non “alla Agnelli & Boniperti”); per vincere in uno sport di squadra è assolutamente indispensabile creare un’armonia di gruppo, una comunità di intenti, una forte motivazione e cercare di attuare il sistema di gioco più adatto possibile alle caratteristiche dei giocatori che si hanno a disposizione. Più forti sono questi giocatori e più moduli saranno in grado di interpretare al meglio; a questo punto il tecnico di turno ha possibilità di scegliere anche quello che ritiene il più spettacolare, perché è vero che l’importante è vincere, ma farlo dando anche spettacolo è ovvio come sia ancora più appagante.

Questa possibilità non l’ha avuta certo Roberto di Matteo, al quale il magnate russo Abramovich ha deciso di affidare una squadra assemblata secondo un progetto un po’ confuso e alla deriva più totale per la pessima gestione che di questo progetto aveva messo in atto il pur promettente Villas Boas. Vice allenatore del portoghese, ma perfetto conoscitore dell’ambiente, avendo militato lì anche da giocatore, il nostro connazionale ha innanzitutto recuperato il rapporto con i giocatori, soprattutto con alcuni senatori che Villas Boas aveva confinato ai margini del progetto; dopo di che ha attentamente e sapientemente valutato le caratteristiche e le potenzialità psico-fisiche della rosa che aveva a disposizione e in base a queste ha optato per il sistema di gioco che meglio si adattava a queste risultanze. Indubbiamente il risultato non è stato il massimo dal punto di vista della spettacolarità, ma è senz’altro stato il massimo possibile dal punto di vista del rendimento dei giocatori e dei risultati che è riuscito ad ottenere, dal momento che ha conquistato una F.A. Cup e nientemeno che una Champions che nessuno prima di lui era riuscito a portare a Londra nonostante le centinaia di milioni di euro investite da Abramovich.
Probabilmente dalle parti di Stanford Bridge non se lo aspettavano nella maniera più assoluta e avevano già pianificato un futuro senza di lui, trovandosi così ora di fronte a scelte non facili. Più di qualcuno ha storto il naso, affermando che il Chelsea non era degno di sollevare la “coppa dalle grande orecchie” e che ha potuto disporre di un fondo schiena pazzesco. Personalmente penso che in un torneo dove basta sbagliare una partita e sei fuori, la fortuna reciti un ruolo abbastanza decisivo, molto più che in un campionato dove alla fine gli episodi tendono più o meno a compensarsi fra positivi e negativi; e penso che se uno non commette degli illeciti non capisco perché alla fine non debba essere ritenuto degno della vittoria che si conquista. Se gente pagata decine di miliardi come Ronaldo, Kakà, Messi e Robben sbaglia dei rigori assolutamente decisivi non è certo colpa dei Blues con i quali la fortuna aveva un debito abbastanza grosso; sarà un caso che abbia deciso di saldarlo proprio in questa occasione? A me piace credere di no.

Palacio e la sua capigliatura inguardabile (?)
Lo sport ci regala incredibili fallimenti ma anche storie bellissime come quelle di Roberto di Matteo, figlio di italiani emigrati in Svizzera; persona umile, educata, misurata ma che si è dimostrata anche intelligente e lungimirante. Il fatto che il distino abbia deciso di dare indietro al Chelsea quello che si era preso in passato proprio sotto la sua guida, personalmente è una cosa che mi ha fatto solo piacere, a maggior ragione dal momento che ha castigato una compagine altezzosa e troppo sicura di sé come lo sono sempre stati e lo sono tutt’ora i tedeschi, e non mi riferisco solo all’ambito sportivo. Mi sono permesso questa digressione dal momento che di calciomercato avremo modo di parlarne anche troppo e l’inizio della nostra Società non mi sembra dei migliori, dal momento che sembra siano stati investiti più di dieci milioni per un modesto argentino di 30 anni con una capigliatura abbastanza inguardabile e che in una grande e difficile piazza come la Milano nerazzurra rischia a mio parere di squagliarsi come neve al sole; speriamo che il proseguio si riveli migliore dell’esordio.

Alex
mercoledì 23 maggio 2012

Madrid, due anni dopo: ricostruire dalle macerie..


Diciassette giorni fa era il 5 maggio 2012, data che per noi interisti riporta a galla una delle disfatte più clamorose della nostra storia, che i successi recenti hanno contribuito a rendere solo un brutto ricordo e nulla più. Abbiamo assistito a un vespaio quasi surreale su Facebook, dove orde di juventini andavano a celebrare con link e sproloqui di ogni tipo il decennale di un evento che probabilmente ha cambiato la loro vita e che a quanto pare dopo due lustri sono ancora convinti abbia sconvolto profondamente le nostre.

Sorvolando sulle 'differenze cromosomiche' tra noi e loro, oggi è un giorno che per ogni interista non sarà mai uguale agli altri, e per ragioni decisamente differenti da quelle che hanno portato in parecchi a starnazzare come oche rimembrando quello che in fondo è stato un trionfo beffardo al fotofinish, ma non certo roba sulla quale scrivere un libro come invece qualcuno ha fatto. Noi il 22 maggio 2010, quindi due anni orsono, ci stavamo apprestando proprio in queste ore a compiere una impresa unica, maestosa, irripetibile. Noi, il 22 maggio 2010 ci eravamo già presi lo scudetto, la coppa Italia, e scendevamo in campo per prenderci anche l'Europa dopo una splendida cavalcata ed una crescita impressionante seguita ad un inizio timido in campo continentale.

Quella notte, nella quale abbiamo toccato letteralmente il cielo con un dito, ha costituito un anello di congiunzione tra l'Inter che finalmente era riuscita ad arrivare là dove da 45 anni mancava, e quella che pian piano, per ragioni varie ampiamente trattate su questo blog, si è schiacciata su se stessa scivolando rapidamente dal tetto del mondo al 6° posto in sole due stagioni di gestione suicida e di programmazione pressochè inesistente dopo l'addio di Josè. Oggi, nel giorno che inevitabilmente ci richiama alla mente ricordi di un passato indimenticabile e neanche troppo lontano, la notizia più 'scoppiettante' che possiamo commentare riguardo la nostra amata Inter è l'arrivo ormai certo di Rodrigo Palacio, primo colpo del mercato 2012/13 (di cui parleremo nei prossimi giorni), dopo il riscatto di Guarìn che tecnicamente rientra però nella campagna acquisti dell'anno appena concluso.

Prima di lanciarci a parlare dell'Inter che verrà, mi preme sottolineare che la non transizione (o comunque la lentissima transizione) di questi due anni è stata una sorta di buco nero più che di purgatorio purificatore, perchè mentre squadre come il Bayern hanno saputo costruire seguendo un modello, nel nostro caso c'è stato semplicemente il nulla cosmico che ha portato a non gettare nessuna base per ripartire, andando alla cieca e assistendo impotenti ad addii più o meno importanti (Eto'o, Balotelli, Motta, Leonardo) e a scelte tecniche sballate che di fatto hanno reso l'annata bruciata in partenza. Siamo saliti sul tetto d'Europa (e poi del Mondo) non per restarci, ma per vincere un'ossessione: ecco la differenza tra noi e Bayern, Barcellona e Manchester Utd, frequentatrici abituali di finali e semifinali del massimo torneo continentale.

Come il sito nerazzurro titolava il 23 maggio 2010
Bloccati in quel limbo post-Triplete, con una formazione dall'età media già alta, siamo rimasti fermi mentre gli altri si riorganizzavano per sferrare nuovi assalti a chi quell'anno aveva dominato su tutti i fronti ma col saluto di Mou aveva già di fatto alzato bandiera bianca almeno in campo europeo. Già, perchè nessun tecnico ha più avuto l'appoggio, il potere e la capacità di far quadrare il cerchio con una rosa evidentemente logora e bisognosa di rinnovamento, e uno dietro l'altro sono finiti a gambe all'aria Benitez, Leo (per lui un discorso a parte), Gasperini, Ranieri, nessuno esente da colpe, ma tutti con almeno una minima attenuante.

Non faccio parte di quella schiera di sotuttoio che afferma (tanto non costa nulla) quanto necessaria sarebbe stata una rivoluzione totale dopo Madrid, perchè ritengo semplicemente che sia una idiozia immane. Immaginate l'Inter meravigliosa del Triplete che inizia a cedere Milito, Maicon, Cambiasso, Eto'o, Lucio e Sneijder, o almeno tre di essi, puntando su altri calciatori o meglio ancora sui giovani, e ditemi un pò cosa sarebbe successo in caso di annata flop. Ve lo dico io: crocifissione pubblica di Moratti, Branca e compagnia cantante, per aver smontato una squadra che "avrebbe vinto ancora". Troppo semplice, troppo banale.

La strada da prendere era diversa, la transizione andava fatta davvero e non solo a parole, prendendo poi Forlan e Zarate per Eto'o per sfuggire alla tagliola del FPF finendo poi metaforicamente (e non solo) a gambe all'aria e senza gli introiti della Champions League. In tempi di austerity, serviva fare la differenza con le idee più che coi quattrini, e questo spero che chi di dovere lo abbia già capito.

Perchè sono passati due anni, e siamo precipitati senza paracadute in una dimensione che non è la nostra quando sarebbe servito poco, molto poco per restare competitivi almeno in patria. Le emozioni di quella notte di due anni fa nessuno ce le porterà mai via, ma adesso è tempo di lavorare per far sì che una nuova Inter possa generare nuovi successi: che non saranno belli come quello di Madrid magari, ma di certo lo saranno in maniera diversa..


Antonio
sabato 19 maggio 2012

Altro che calciomercato! Bilancio Inter, storia di un rosso continuo

I conti in rosso dell'Inter
Finito il campionato, per un pò, della nostra squadra di club non vedremo partite interessanti e dunque, il tifoso medio, si rifugia nell'infernal girone delle notizie di mercato. Che ci volete fare, è il destino dei tifosi: se non possono tifare niente, si creano qualcosa ed il calcio permette di sfogare gli istinti animaleschi dei cuori pallonari cibandoli di notizie di campioni e bidoni da ogni dove pronti a indossare casacche di ogni squadra. Ecco che dunque ogni sito, giornale o blog si riempie di nomi, immagini e parole che poi, alla fin dei conti, difficilmente diverranno realtà. Noi non ci tiriamo indietro, mica siamo più belli degli altri, però ho fatto una riflessione: nel calciomercato servono soldi, l'Inter dice di non averli, ma per un tifoso è dura concepire come un club che paghi centinaia di milioni di euro all'anno i suoi calciatori non possa spendere qualcosina in più per un giocatore decente. L'unica via d'uscita era spulciare, per quel che è possibile, le finanze della nostra amata Inter. Pronti? C'è da mettersi le mani nei capelli (per chi li ha, altrimenti mettetevele dove volete)!

STORIA DI SOLDI BUTTATI - Parto da un semplice presupposto: chi entra nel mondo del calcio, quello di altissimo livello, deve essere consapevole che non avrà mai un ritorno economico, il club sarà sempre e soltanto una infernale macchina idrovora che aspira ogni euro con potenza inaudita, risputando fuori centesimi di inutile valore. Detto ciò, va sottolineato anche che Moratti non è stato uno che ci ha mai badato tanto ad i conti nerazzurri, anzi....qui so che molti si scateneranno, evidenziando l'incompetenza del nostro Presidente, l'incapacità di fare mercato, l'incapacità di scegliersi i collaboratori. Si può avere ragione o meno, io però, nei numeri che elencherò a breve, vedo solo la continua ed affannosa rincorsa economica di un tifoso che si sente responsabile verso altri milioni di tifosi, i quali però guardano e criticano soltanto. E' il gioco delle parti, chiaro. Moratti ha sbagliato tanto, ma demonizzarlo o irriderlo sarebbe troppo semplice.
Moratti, nostro Presidente dal 1995
Premessa fatta, partiamo. Moratti diventa Presidente nerazzurro il 25 febbraio 1995, rilevando la società dell'ex imprenditore delle mense Pellegrini. Subito i suoi investimenti sono importanti, la volontà di riportare l'Inter al livello del Milan di Berlusconi è tanta, ma il modo in cui il petroliere milanese sperpera i propri denari è oramai entrato a fare parte della mitologia sportiva. Inutile elencare i bidoni che porta all'Inter ed i talenti che, una volta giunti sui Navigli, buttano via la loro classe. Dalla data del suo insediamento fino all'ultimo bilancio, datato 30 giugno 2011, la società di Corso Vittorio Emanuele ha accumulato perdite per l'impressionante cifra di 1351 milioni di €. Mai, e dico mai, un esercizio s'è chiuso in attivo. Per tenere in piedi la baracca Moratti è stato costretto ad una continua immissione di denaro che ha portato all'erosione del capitale e all'addio anche dei soci più resistenti: se nel 2002 Moratti deteneva una quota di controllo del 59,8% dell'Internazionale FC, il socio Pirelli il 19,6%, la società Minmet l'11,9% ed Interbanca il 5%, nel 2012, a furia di chiedere altri soldi ai soci, molti si sono ritirati, aumentando la quota in mano al Presidente fino all'odierno 98%, con la sola Pirelli che ancora resiste con uno striminzito 1,6%. Soldi buttati, o come dice Moratti, "Le notevoli perdite sono giustificate dalla necessità di mantenere il nostro club ai massimi livelli di competitività mondiale".

I RECENTI ROSSI - I bilanci degli ultimi sei, sette anni, sono una rincorsa al record di perdite, con soltanto i recenti conti, rallentati dal FFP, in lenta frenata, se così si può dire. Il record assoluto è targato 2006/2007, la stagione del primo scudetto sul campo di Moratti, dove il meno, nel bilancio finale, era davanti alla cifra 206,8 milioni di €. Soltanto l'anno prima la perdita s'era arrestata ad un più che accettabile 31,2 milioni, ma i costi sono, da quel momento, enormemente lievitati. Per vincere bisogna spendere, i trofei costano. La stagione 2007/2008 porta una perdita di 148,3 milioni, saliti a 154,4 l'anno successivo. L'anno del triplete poi non fu solo l'anno dell'esplosione della nostra gioia, l'anno della ribellione dell'animo nerazzurro finora costretto all'interno del nostro cuore, ma fu anche il momento di maggiori entrate nelle casse nerazzurre, con la perdita che si assestò a 69 milioni nonostante le enormi spese. Influì moltissimo il geniale affare Ibra-Eto'o, ma anche, chiaramente, la grande affluenza di denaro dalla UEFA con la vittoria storica della Champions League. Vincere costa, ma ripaga anche. L'ultimo bilancio approvato infine, quello della stagione 2010/2011, segna un meno 86,8 milioni di €. Il peggioramente dall'anno precedente era prevedibile, ma nessuna previsione ufficiale lo dava così corposo ed ecco perchè molti dubbi aleggiano attorno alla politica nerazzurra intrapresa in vista dell'entrata in vigore del FFP. E' oggettivo che nel nuovo millennio c'è stata una netta accelerata nelle spese dell'Inter e ciò è lapalissiano se si fa la semplice somma algebrica dei risultati di bilancio: dal 2003/2004 al 2010/2011, l'Inter ha perso circa 1062 milioni di €.
Ogni volta Moratti staccava un assegno e ripagava, forte di un patrimonio personale molto molto cospicuo. Sua fonte di guadagno principale è chiaramente la Saras, la società di famiglia, che tra il 2004 ed il 2010 ha fatturato 1334,6 milioni di € (netti), i quali però non sono entrati tutti nelle tasche di Massimo: "soltanto" 568 milioni sono entrati a far parte del suo patrimonio in questi anni, senza contare che l'ultimo bilancio della raffineria era in perdita, ma questo è un altro capitolo della storia. Il succo è che a Moratti non basta neppure il guadagno che ottiene dalla Saras per ripianare la catastrofica situazione del bilancio nerazzurro.

Previsione bilancio 2011/2012 - Swiss Ramble
PREVISIONI 2011/2012 - Il FFP si avvicina e questi numeri non possono per niente rassicurare gli animi di noi tifosi. E' utile allora capire quale sarà la situazione dei nostri conti già da questa stagione, poichè seppur il sistema ideato da Platini entrerà in vigore ufficialmente soltanto nel 2014, nei primi conteggi prenderà in considerazione già questa e la prossima annata, e la cosa non ci giova. Secondo uno studio della Swiss Ramble, molto accurato, la perdita nel 2011/2012 sarà superiore a quella della scorsa stagione e si aggirerà intorno agli 88 milioni di €. L'anno scorso l'Inter ha incassato dalla Rai 13 milioni per lo sfruttamento dell'archivio immagini nerazzurro, ma questa entrata rappresenta chiaramente un'una tantum che non va conteggiata nel bilancio attuale. Il FFP concede poi degli "agiustamenti" ai conti, ovvero alcune spese supportate dalle società non verranno conteggiate poichè necessarie alla crescita del club, anche in vista dei fini che si vogliono raggiungere proprio con l'uso del FFP e queste sono le spese per il settore giovanile (circa 10 milioni all'Inter) più altre meno importanti, ma che portano ad una detrazione di 16 milioni, definite come spese positive. Le entrate invece varieranno di poco, visto che contratti tv e sponsor sono sostanzialmente gli stessi ed hanno gli stessi contratti dell'anno scorso. Solamente un cammino migliore in Champions poteva regalarci più soldi, cosa che non è accaduta. Peggiore invece è il guadagno dalle cessioni di calciatori perchè l'anno scorso era di 31 milioni mentre quest'anno abbiamo un guadagno di soli 25 milioni, 6 in meno dunque. Infine, i nuovi acquisti (tra cui anche nagatomo, Ranocchia e Pazzini, solo in parte attribuiti al bilancio scorso) influiranno per 22 milioni sulle casse nerazzurre in termini di ingaggi, a fronte di un risparmio, attraverso le cessioni, di 31 milioni di €, con un miglioramente di 6 milioni.
Il succo di tutto ciò, come detto, è che il bilancio Inter presenterà una perdita di circa 88 milioni di € che, messa lì così, sarebbe un danno enorme in vista del FFP. In realtà, il regolamento UEFA, permette degli aggiustamenti di vario tipo, dai 16 milioni calcolati poco fa per le spese positive, fino alla regola che permette ai club una scappatoia: se dimostrano che gran parte delle spese che incidono oggi sul bilancio sono antecedenti al 2010, queste possono non essere prese in considerazione. Poichè una delle spese maggiori, anzi, la maggiore in casa Inter è rappresentata dagli stipendi, il fatto che gran parte dei contratti di giocatori ora in squadra siano stati siglati nel o prima del 2010 permette di sorridere a noi nerazzurri. Sottraendo tutto quanto questo dagli 88 milioni di perdita, l'Inter disterebbe soltanto 6 milioni di € dal pareggio di bilancio richiesto da Platini.

Purtroppo, nonostante la situazione non ci tagli fuori dalla UEFA e dal suo FFP, è tragica. L'Inter non ha ricavi che riescano a rinnovarsi, ha un monte ingaggi che, anche se calato, rimane pesantissimo e la non partecipazione alla Champions della prossima stagione, dopo ben 10 anni consecutivi, arrecherà un danno molto importante alle nostre casse. E' difficile vedere al momento una via d'uscita, ma l'economia, del resto, apre spesso nuove porte a chi ci si sa muovere. L'Inter dovrà per forza inventarsi qualcosa altrimenti anche le campagne acquisti recenti potranno essere ritenute di lusso rispetto a quelle che ci aspettano.

Andrea

Fonti - Studio svolto dal blog The Swiss Ramble con link inserito nell'articolo; bilancio ufficiale dell'Internazionale FC stagione 2010/2011, inserito come link nell'articolo; sito di ricerca ed informazione economica, anche sul calcio, Deloitte ; il libro "Fuorigioco" di Gianfranco Turano, edito Chiarelettere.
giovedì 17 maggio 2012

Ciao Ivan Ramiro, colombiano dal cuore nerazzurro

455 partite, 18 gol, più di 40mila minuti passati in campo con la maglia nerazzurra, terzo giocatore di sempre per numero di presenze con la maglia dell’Inter in Champions League, 15 trofei conquistati: tutto questo e molto altro è stato Ivan Ramiro Cordoba.
 Ivan Ramiro e quella prima Coppa... (Fonte: Inter.it)
Arriva all’Inter a 23 anni nel gennaio 2000. Debutta in un Inter-Perugia (5-0) e si prende subito una maglia da titolare che non lascerà per parecchie stagioni. Per vedere una sua stagione con meno di 35 presenze bisognerà aspettare il 2007/2008, anno in cui si rompe il legamento crociato a Liverpool, in Champions League. Quella Champions League tanto inseguita con la maglia nerazzurra, quella Champions League che è riuscito finalmente a conquistare insieme ai suoi compagni nell’anno di grazia 2010.
Ma non è al Triplete che associo il nome di Cordoba. Quando penso a lui mi viene in mente quando tutto iniziò.
Era il 15 giugno 2005 e a Milano si giocava la finale di ritorno di Coppa Italia fra Inter e Roma. 2-0 per noi all’andata con una doppietta di Adriano. A San Siro ci pensa Sinisa Mihajlovic con una punizione delle sue all’inizio del secondo tempo a chiudere il discorso. L’Inter vince la Coppa Italia. Ricordo l’emozione di quel momento. Si tornava ad alzare una Coppa al cielo dopo la UEFA del ’98, si tornava a vincere, si tornava a festeggiare. Quella sera Zanetti non c’era e il Capitano era proprio lui: Ivan Ramiro Cordoba. A lui l’onore di alzare la Coppa, a lui l’onore di dare il via ad un ciclo che non si fermerà per 6 anni, fino a un’altra Coppa Italia: saranno 4 alla fine, insieme a 4 Supercoppe Italiane, 5 Scudetti, 1 Champions League e 1 Mondiale per Club.
Dico Cordoba e mi viene in mente un ricordo meno eclatante ma più personale. 1 novembre 2008, Reggina-Inter. L’Inter va in vantaggio per 2-0, la Reggina riesce a pareggiare. A tempo scaduto un calcio d’angolo per l’Inter. E Cordoba la butta dentro: 3-2. Io ero lì, io ero al Granillo, non vidi bene il gol ma vidi lui correre felice mentre gridavo di gioia come un matto.
Dopo 12 anni, Ramiro ha deciso di smettere. Se ne va dopo un’ultima stagione in cui ha raccolto 6 presenze (5 in campionato 1 in Coppa Italia) e con la consapevolezza di aver dato tutto. Grande professionista Ivan, mai una polemica, mai una parola di troppo, sempre pronto ad allenarsi a testa bassa e a dare il massimo quando era chiamato in causa.
Un professionista serio, di quelli che se ne vedono sempre meno in giro. Anche per questo ci mancherà, anche per questo l’anno prossimo non vederlo in giro con la maglia numero 2 ci farà sentire più soli. Perché Ivan Ramiro Cordoba da Medellin era, è e sempre sarà uno di noi.
Entius
mercoledì 16 maggio 2012

Annus Orribilis

All'Inter una stagione da mani nei capelli...
“L’annus orribilis” vissuto dal Paese, ha finito per coincidere con quello vissuto da noi tifosi nerazzurri, che perciò, a differenza di altri, non abbiamo potuto trovare  nel calcio un minimo di distrazione o consolazione che sia.
Direi che anche per il più inguaribile degli ottimisti sia piuttosto arduo andare a scovare gli aspetti positivi della stagione che si è appena conclusa; forse l’unico è avere avuto il coraggio, spinti dalla disperazione, di affidare la squadra ad Andrea Stramaccioni, ed il “forse” è dato dal fatto che è un fattore che verificheremo nel corso della prossima stagione, dal momento che è impensabile giudicare un tecnico su nove partite affrontate con un gruppo di giocatori che in quel momento veleggiava verso una deriva totale. A parte questo è stata una stagione nella quale sono venuti al cosiddetto pettine i nodi che già da quella precedente ancora ci eravamo consumati a forza di ripetere (purtroppo inutilmente, è ovvio): una campagna acquisti che definire scellerata sarebbe un complimento, coronata dall’ingaggio di un allenatore inadatto non solo all’ambiente e al livello della squadra, ma soprattutto interprete integralista di un modulo che era quanto di più inappropriato ci fosse per la rosa di giocatori che gli era stata messa a disposizione. A questo “piccolo” aspetto dobbiamo poi aggiungere  un iniziale accanimento arbitrale degno della Santa Inquisizione, che voleva probabilmente in qualche modo punire Moratti per la mancata rinuncia alla prescrizione dopo la vergognosa relazione del Procuratore Palazzi (che non è un giudice, vorremmo ribadirlo ancora una volta; lui fa l’accusatore di mestiere), e anche dopo la condanna di Moggi al Processo penale di Napoli e l’ennesima conferma della sua radiazione da qualsiasi ruolo in ambito calcistico, non è che le cose siano migliorate poi molto: lo attesta per esempio lo “score” dei rigori concessi contro la nostra squadra  (11, record per l’Inter e dato inferiore solo a quello del Cesena, già retrocesso praticamente da Febbraio), dei quali tre in una sola gara casalinga giocata contro il Genoa, mica il Barcellona, a fronte di una rosa fra le meno fallose in assoluto di tutta la serie A.
Non è un tentativo di giustificazione: quando si gioca come ha giocato l’Inter quest’anno non possono essercene, però nello stilare un bilancio di fine annata è giusto sottolinearlo e dargli il peso che merita. Infine dobbiamo aggiungere la sfiga che, contrariamente alla fortuna, ci vede benissimo e che quando inquadra qualcuno nella situazione nella quale si è fatta trovare quest’anno la nostra squadra, non esita a prenderla di mira con feroce caparbietà; gol incredibilmente falliti, avversari che vanno in rete alla prima occasione, infortuni, pali, rimpalli, carambole e chi più ne ha più ne metta, in perfetto ossequio alla regola non scritta citata sopra. Il fattore positivo che si dovrebbe  estrapolare da una stagione orrenda come quella appena finita sarebbe l’individuazione dei tanti e gravissimi errori commessi onde evitare di continuare a commetterli (errare umanum est, perseverare diabolicum); il problema è che dalle prime avvisaglie che arrivano da questo fine-stagione sorgono diversi dubbi che la nostra attuale dirigenza abbia preso compiutamente coscienza di quello che è successo e soprattutto di perché è successo.

Tutti gli addii del Milan
Gli addii del Milan, che come ha scritto qualcuno potranno anche essere stati falsi e discutibili sotto il punto di vista della forma, certamente non lo sono da quello della sostanza: prima della fine del campionato i nostri cugini si sono liberati di ben 6 “cariatidi” che avevano tutte passato i 35 anni e pesavano sul bilancio con ingaggi non certo proporzionali al loro rendimento. Magari sbaglieranno qualche acquisto (ci auguriamo), ma certamente si apprestano ad inserire gente più giovane e più motivata. Noi invece cosa stiamo facendo? Stiamo rinnovando a tutti, poco ci mancano che l’abbiano proposto anche a Cordoba e Orlandoni, che comunque cogliamo l’occasione per ringraziare per quanto hanno dato all’Inter, senza troppi  clamori e “strombazzamenti”; e già che ci siamo cogliamo l’occasione anche per far notare che a sostituire Julio all’ultima avrebbe meritato proprio di esserci “Orla”, che tanto peggio di Castellazzi non avrebbe credo potuto proprio fare. L’errore di  eccesso di gratitudine verso splendidi campioni e persone che hanno fatto grande l’Inter, dietro al quale si nasconde una mancanza di risorse da investire e, ancora peggio, una mancanza di capacità di affrontare efficacemente un progetto di rinnovamento, sembra possa ripetersi anche quest’anno con rinnovi a giocatori che ormai non ne hanno proprio più (Chivu, Deki, Castellazzi) e altri che fosse ne hanno ancora un po’, ma non hanno più le motivazioni per esprimerlo nell’Inter (Maicon, Lucio, Sneijder). Abbiamo uno dei migliori settori giovanili d’Italia, ma dei nostri giovani si parla solo come pedine di scambio (Longo, Caldirola, Viviano, Crisetig), salvo poi pentirsi di averli ceduti e cercare, nel caso di Destro, o sognare, nel caso di Balotelli, di riprenderseli indietro.
Lo staff che ha combinato danni inenarrabili in questi due anni è lo stesso che affronterà la prossima campagna acquisti-cessioni che condizionerà molto probabilmente i risultati dei prossimi 3 o 4 anni; il Direttore Branca ha dimostrato a più riprese una sostanziale incapacità di adeguarsi alle nuove regole del mercato, eppure è ancora lì, immarcescibile. L’unica speranza, che misurerà effettivamente il valore di Stramaccioni e ci dirà se si tratti di uno fuori dal comune, è quella che il nostro giovane tecnico riesca a influenzare in maniera decisa la nostra dirigenza e riesca ad ottenere più o meno quello che ha in mente; un po’ come riuscirono a fare Mancini e Mourinho, che ovviarono e in qualche modo coprirono più di una falla nell’organigramma nerazzurro. Della Presidenza abbiamo detto più volte: l’Inter è diversa  per prestigio, per storia, per palmarès e per bacino d’utenza da pur belle realtà come Udinese, Chievo e Catania e non può essere gestita allo stesso modo. Mariga, Kucka, Veloso e Palacio sono giocatori da Genoa, non da Inter; puntando su giocatori così si finisce per essere il Genoa bis. E il DS del Genoa, Capozzucca, non può essere l’unico interlocutore con il quale Branca riesce ormai a trattare. Moratti ha dichiarato che resterà solo chi se lo merita; ma lui e i suoi dirigenti sono proprio così sicuri di meritarselo ancora?

Alex
lunedì 14 maggio 2012

Lazio-Inter 3-1: ultimo atto di una stagione infernale

Kozak esulta per l'1-1 davanti a Maicon
Ripartiremo il 2 agosto in un turno preliminare di Europa League che sa tanto di amara punizione piuttosto che di premio conquistato sul campo. Per gran parte della stagione, tra l'altro, non ci eravamo neppure andati vicini alla qualsiasi conquista di un piazzamento davvero degno di essere chiamato tale, ma il 6° posto con cui l'Inter chiude questa maledetta stagione 2011/2012 è il giusto risultato di un'equazione che, sin dall'inizio, ha dato l'impressione di avere i fattori fuori posto, se non addirittura totalmente errati. Stasera poteva essere una serata speciale, anche se nessun nerazzurro ci credeva veramente. Magari due anni fa, o anche solo l'anno scorso, ci avremmo creduto di più, perchè la fortuna, alla fin dei conti, s'era sempre ricordata dei suoi seguaci in maglie nere ed azzurre, ma quest'anno decisamente no: un'annata in cui la sfiga, mixata alla notevole quantità di colpe, ha sputato fuori un drink acido ed imbevibile. Se ti chiami Inter, arrivare alla 38esima partita di campionato a sperare che Catania e Siena, senza oramai motivazioni, facciano risultato contro Napoli ed Udinese, beh, è molto molto deludente. Certo, dopo tanti anni di successi ci può stare la caduta, ma cadere fa semrpe male e non si può di certo pretendere un sorriso sui volti interisti questa sera. La Lazio ci ha messo del suo, ma sono stati, ancora un volta, pochi minuti di totale black-out mentale nostro a regalare su un piatto d'argento la vittoria agli avversari biancocelesti.
Milito realizza lo 0-1 su rigore
La Champions, va detto per ragion di cronaca, non ci è mai stata vicina questa sera, perchè l'Udinese ha da subito indirizzato la partita col Catania nella direzione giusta (per loro) ed il Napoli, nonostante l'affanno, ha comunque concluso il primo tempo in avanti. Noi ci abbiamo provato, abbiamo lottato, soprattutto nel primo tempo quando la squadra, nonostante le tante assenze, ha giocato bene, rischiando poco solo sulle ripartenze laziali. Stramaccioni ha plasmato una squadra combattiva, dall'animo offensivo, ed anche senza veri attaccanti di ruolo, al di fuori del solito Milito, i nerazzurri creano tanto grazie al grande lavoro di Alvarez, Poli e Guarin, vera e propria arma in più (peccato averlo trovato così tardi...), senza contare la spinta continua di Nagatomo e Maicon sulle fasce. Ma il gol non arriva, anche perchè Milito fatica ad essere incisivo dovendo svariare moltissimo su tutto il fronte offensivo per provare a creare spazi per i compagni, visto che lui non ne trova. E' soprattutto il colombiano ex Porto a provarci, sia con tiri da fuori area, sia con incursioni che risultano in almeno un paio di occasioni pericolose, ma alla fine ci vuole sempre il Principe a sbloccare la partita: è il 44° quando, nell'ennesima incursione da destra, Maicon prova a penetrare nell'area laziale dal vertice alto, ma Ledesma lo abbatte. Tante le proteste ma il fallo è netto ed in area di rigore e, dal dischetto, Milito è un cecchino, portandoci avanti e tenendo acceso il lumicino della speranza chiamata terzo posto.
Samuel e Guarin sconsolati
La fioca luce però si spegne presto, ahinoi. Nella ripresa difatti l'Inter sembra meno lucida che nei primi 45 minuti di gioco e la Lazio, col passare dei minuti, riesce a rubarci campo ed a creare occasioni: emblema sono il numero di calcio d'angolo nettamente a nostro favore nel primo tempo e decisamente a favore della Lazio nella ripresa, e proprio su un calcio d'angolo la Lazio trova il pari con Kozak, al 14° della ripresa, con il giocatore delle aquile romane incomprensibilmente dimenticato dalla nostra retroguardia. L'ennesimo errore difensivo in una stagione drammatica in quest'ottica. Oltre al momento del pari, questo è un momento fondamentale, perchè scatta il black-out mentale nerazzurro, come accadde a Parma. Mentre Strama inserisce Pazzini è però la Lazio, al 18°, a trovare il vantaggio con Candreva, dopo che Lulic, sulla sinistra, si prende gioco delle belle statuine nerazzurre e serve un pallone al limite dell'area per il centrocampista laziale, il quale piega i guantoni a Castellazzi con un tiro potente. Strama scuote la testa e, a fine partita, ammette di non aver concepito quello spegnimento mentale che ci ha portati in svantaggio, ma nonostante tutto ci crede e butta nella mischia anche il giovane Longo per dare ulteriore spinta offensiva, ma quando, al 37°, Pazzini prende un incredibile palo, si capisce che non c'è nulla da fare ed al 46° del secondo tempo Mauri chiude i conti, concludendo a rete, con un facile tap-in a porta vuota, un contropiede biancoceleste con l'Inter tutta riversata in avanti.
E' stata una stagione drammaticamente infernale, in cui ne abbiamo viste di ogni, sia per sfiga che per colpe nostre (la maggior parte), come dicevo all'inizio. Ora, per fortuna, la stagione è finita e possiamo ufficialmente guardare al futuro, senza sensi di colpa o apparire agli altri tifosi come dei lagnosi interisti che quando le cose vanno male, girano la testa dall'altra parte. Ora si deve ripartira da Strama, dalle cose buone che si sono viste ma, soprattutto, dalle tante cose negative, per poterle cambiare, aggiustare, migliorare. Una cosa non possiamo dimenticare in quest'ultima giornata di campionato, ovvero che siamo arrivati sesti solo perchè, grazie a Dio, tranne le prime due tutte le altre, chi più chi meno, hanno fatto cagare. Normalmente una stagione del genere ti porta non oltre all'ottavo piazzamento, a noi è andata fin bene nella sfiga, ma ora bisogna cambiare marcia. Ora tocca a Moratti, Branca ed Ausilio, perchè loro costruiranno l'Inter del futuro, ma lo facciano tenendo bene a mente una cosa: l'Inter e, soprattutto, i suoi tifosi non meritano altre annate del genere. Per voi non ci sono vacanze, il 2 agosto nei preliminari di Europa League pretendiamo di vedere già una squadra completa e degna di vestire i colori nerazzurri. Buon lavoro dunque.

TABELLINO

Lazio-Inter 3-1

Lazio (4-2-3-1): Bizzarri; Scaloni, Diakite, Biava, Konko; Cana, Ledesma; Candreva (47' st Zampa), Mauri (47' st Garrido), Lulic (38' st Gonzalez); Kozak. A disposizione: Berardi, Zauri, Gonzalez, Rozzi, Makinwa. All.: Reja
Inter (4-4-1-1): Castellazzi; Maicon, Lucio, Samuel, Nagatomo; Zanetti, Guarin, Cambiasso, Poli (30' st Longo); Alvarez (16' st Pazzini); Milito (47' st Juan). A disposizione: Orlandoni, Cordoba, Ranocchia, Faraoni. All.: Stramaccioni
Arbitro: Damato
Marcatori: 45' rig. Milito (I), 13' st Kozak (L), 18' st Candreva (L), 46' st Mauri (L)
Ammoniti: Lulic, Diakite, Konko (L)

Andrea
venerdì 11 maggio 2012

La lunga estate calda


Anche sotto l'ombrellone penseremo all'Inter
Quella che ci accingiamo a trascorrere sarà un’estate presumibilmente molto “calda” sul fronte calcistico, auguriamoci solo su quello. La nostra Società si trova una squadra evidentemente alla fine di un ciclo e sarà decisiva, per i risultati dei prossimi 4/5 anni, la capacità di rinnovare nella maniera più opportuna ed efficace possibile. E’ poi appena partita la prima raffica di deferimenti per il calcioscommesse che promette dei discreti sconquassi, anche se nessuno è ancora in grado di valutare esattamente quella che potrà essere la portata degli eventi; il tutto con nel bel mezzo la disputa di un campionato europeo per nazioni che vede la nostra Nazionale recitare il ruolo di possibile outsider. Io non conterei troppo sulla penalizzazione di altre squadre a vantaggio della nostra, anche  perché ho la vaga impressione che  l’esimio Procuratore Palazzi non si farà sfuggire il minimo pretesto  per tirarci dentro, magari basandosi esclusivamente sulla parolina “Inter” infilata in mezzo a una conversazione fra due trafficatori; restiamo perciò alla finestra sperando di non vedere mai comparire il nome di uno dei nostri giocatori nella lista degli indagati e quindi dei possibili colpevoli.

La grinta di Strama, quella giusta!
L’aspetto sul quale vorrei soffermarmi è il “restyling”  che dovrebbe affrontare la nostra dirigenza e il modo nel quale intenda farlo resta tuttora un mistero abbastanza fitto. Un punto abbastanza fermo si è appreso in questi giorni dovrebbe essere il tecnico, con la riconferma del giovanissimo Andrea; ho utilizzato il condizionale perché con uno come Moratti non è d’obbligo…di più! Diciamo che se non dovesse clamorosamente verificarsi l’opportunità di arrivare a uno come Guardiola, la riconferma di “Strama” appare la cosa più logica e sensata da farsi. In primo luogo perché è uno che già conosce l’ambiente e in secondo luogo perché ha dimostrato di avere saputo ridare, oltre che grinta e convinzione, anche un progetto e un’identità di gioco a un gruppo e un ambiente che l’avevano totalmente smarrita; con qualche errore magari, abbastanza inevitabile d’altra parte, ma con risultati che se anticipati anche solo di un mese ci avrebbero probabilmente garantito l’accesso ai preliminari di Champions. 

Poi non va trascurato il fatto che era dai tempi di Mourinho che non si vinceva una partita così, contro tutto e contro tutti: alla prima avversità di solito ci “squagliavamo” incapaci della minima reazione. Domenica sera invece abbiamo ripreso la partita con rabbia, determinazione e organizzazione di gioco, segno che il giovane tecnico è probabilmente riuscito a trovare la “chiave” giusta sia a livello tecnico-tattico, sia a livello mentale. Io spero che Moratti una decisione l’avesse già praticamente presa prima del Derby, perché l’errore di confermare un allenatore del quale non era del tutto convinto sull’onda dell’entusiasmo di una partita prestigiosa vinta, lo ha già fatto diverse volte in passato: una per tutte proprio dopo un Derby vinto confermò Ottavio Bianchi che si era ritrovato in eredità dalla gestione Pellegrini e che poi licenziò dopo poche partite della stagione successiva (anno ’94-’95). Stramaccioni, anche se bravissimo, può riuscire solo con il totale ed incondizionato appoggio della Società e del Presidente, sia da un punto di vista mediatico, sia da un punto di vista tecnico e di mercato: praticamente non va trattato alla stregua di Benitez, Gasperini e Ranieri, i quali hanno avuto sì  delle responsabilità più o meno pesanti, ma ai quali non è stato concesso neanche un giocatore nemmeno simile a quelli che avevano richiesto.

Si gioca già con i primi fotomontaggi: il Pocho all'Inter?
Ora, a meno di una coincidenza di risultati forse più improbabile dello sbarco di una navicella aliena nel mio giardino di casa, siamo in Europa League, competizione da non sottovalutare in tutti i sensi però, dal momento che  conferisce sì un discreto prestigio e buoni introiti a chi la vince, ma che rappresenta un torneo massacrante e che obbliga a trasferte dispendiosissime al giovedì sera dalle quali si rientra a notte inoltrata; il rischio concreto è quello di sacrificarvi molti punti in campionato, a meno di non giocarla con giovani e seconde linee almeno fino ai quarti di finale. E anche di questa situazione si dovrà tenere conto andando ad allestire la rosa dei giocatori della prossima stagione. Da adesso in avanti scatta il solito “tourbillon” che porterà l’Inter ad avere una rosa di 200/250 giocatori: tanti saranno più o meno i giocatori che i vari “esperti” di mercato ci attribuiranno nei prossimi mesi barattandoceli di volta in volta come “scoop” sicuri. Per quello che mi riguarda sono abbastanza convinto di alcune situazioni che vado si seguito ad illustrarvi. Lavezzi, che sembrerebbe a questo punto un acquisto abbastanza probabile, non è che mi faccia impazzire, soprattutto per continuità e carisma: non è certo un leader insomma, uno che si prende la squadra sulle spalle nei momenti difficili, se la squadra gira OK, altrimenti sparisce di brutto. Va bene sacrificare Pandev e Faraoni, ma Pazzini o Ranocchia sarebbe un delitto. Maicon, Stankovich, Chivu e Lucio io li saluterei con tanti ringraziamenti per quello che hanno fatto e li rimpiazzerei con qualche nuovo acquisto ma soprattutto con giovani, primi su tutti Crisetig e Caldirola. A Cambiasso e Zanetti, importantissimi per lo spogliatoio, va limitato drasticamente il numero di partite di utilizzo e per quanto riguarda il capitano andrebbe impiegato quasi esclusivamente basso a destra; Nagatomo non può partire titolare in una squadra con le ambizioni che deve avere l’Inter, e quindi sarebbe opportuno risolvere finalmente il problema dell’esterno sinistro di difesa, aperto da i tempi di Roberto Carlos. Zarate è da restituire al mittente, Forlàn da spedire il più lontano possibile con Fed-Ex in porto franco. Alvarez e Johnatan, qualora si trovi un acquirente, sarebbero da cedere, magari provando a fare rientrare Coutinho.

Sneijder sarà un fulcro del nostro mercato estivo
Più complesso il discorso su Sneijder: qui devono essere dirigenti e allenatore a capire quanto l’olandese possa ancora sentirsi parte integrante del nuovo progetto e quanto dia garanzie da un punto di vista fisico. Da quello che ho capito una sua cessione consentirebbe l’arrivo di Lucas, il giovane brasiliano dipinto come un fuoriclasse; attenzione però: in Brasile è molto più facile per gli attaccanti trovare gli spazi ed atteggiarsi a fenomeni e anche in questo caso  non è facile capire quanto un giovane e talentuoso giocatore proveniente da quella realtà possa adattarsi a quella ben più difficile e impegnativa del campionato italiano. Un’operazione perciò che prevedesse la sostituzione dell’olandese col giovane brasiliano è piuttosto rischiosa e andrebbe ponderata molto accuratamente. In avanti, dal momento che  Strama gioca con un solo attaccante centrale, meglio uno come Destro a fare da alternativa a Milito che Pazzini, che ha evidenziato limiti tecnici piuttosto evidenti per una squadra di vertice. Infine se i rinforzi a metà campo dovessero essere Mariga (per giunta rotto) e Kucka, nemmeno Mourinho riuscirebbe a combinare una mazza con un centrocampo del genere; sarebbe l’ennesimo anno in cui si “bypassa” questo problema cruciale, rimandando l’acquisti di un centrocampista centrale di medio-alto livello. 

Alla fine il punto è sempre quello: OK l’allenatore, ma per ottenere i risultati non si può prescindere da un parco giocatori di un certo livello , e per accaparrarseli occorre operare al meglio sprecando il meno possibile, a maggior ragione se si hanno a disposizione risorse limitate. La lunga estate calda è appena cominciata; vedremo alla fine di Agosto in che situazione si troverà la nostra squadra e se Moratti dimostrerà di avere la possibilità e la voglia di riportarla al vertice.

Alex