domenica 23 ottobre 2011

Perchè il calcio è solo un gioco (ciao Sic)



Cattolica, 20 gennaio 1987 – Sepang, 23 ottobre 2011

Non cambiava nulla dalle altre domeniche mattina: il risveglio lento e delicato di quando ti puoi riposare un po’ di più, l’odore del caffè caldo per casa, tutta la famiglia a tavola a fare colazione. Poi accendi la tv e per la prima volta mia madre non mi urla dietro perché guardo solo Sky Sport 24.

La notizia ti schiaffeggia la faccia, ma la speranza resiste. Poi però il male si fa sentire, perché anche la speranza è morta. Marco Simoncelli è morto. Tutta mattina la televisione rimane accesa in un costante fluire della stessa sequenza drammatica di immagini, di diverse parole a fare da sottofondo, di diverse persone, tutte con lo sguardo contrito e le lacrime a bagnare leggermente il volto. Si mangia, parlando del più e del meno, ma poi le informazioni e le parole tornano sempre li, su quella dannata caduta. Mia madre lava i piatti mentre io e mio padre ascoltiamo in silenzio e proprio in questa assenza di parole sento mia sorella chiedere a mia madre perché stesse piangendo. “Aveva solo ventiquattro anni, sarà stupido, ma aveva solo ventiquattro anni…” Piangeva mia madre, anche se non lo conosceva, anche se di motociclismo non gliene può fregare di meno, anche se quel ragazzo viveva in un mondo così lontano dal nostro.



Mi metto davanti allo schermo per seguire l’Inter, ma in realtà mi blocco subito a quel minuto di silenzio pre-partita rotto solo da un applauso scrosciante a seguito del nome scandito dallo speacker, Marco Simoncelli. Non mi interessa di apparire demagogo, di cadere in quella che per molti è ipocrisia e retorica: oggi le mie parole non possono essere per l’Inter, che vince, gioca decentemente e stranamente non prende (di nuovo) gol, non possono esserlo perché non voglio che siano per l’Inter, voglio che siano per quel ragazzo la cui morte ha fatto anche lacrimare mia madre e con lei, ne sono certo, cento, mille altre mamme italiane. So che non c’entra nulla col calcio, però lo sport è una grande famiglia e gli appassionati di uno alla fine si ritrovano sempre nelle stesse condizioni degli appassionati di un altro: la gioia ed il dolore sono sentimenti così etero compatibili da non avere limiti.

Spesso ho scritto dei calciatori come gladiatori, lottatori di un’arena immaginaria ove l’unica gioia del tifoso era la rovinosa caduta dell’avversario. Ma un elemento essenziale manca ed è sempre mancato nel calcio per poter essere paragonato realmente al rude gioco da anfiteatro romano: la morte. E grazie a Dio manca.

Però ci sono sport dove invece i protagonisti ci convivono con essa, o meglio, con la sua presenza, il suo volo lento sopra le loro teste è parte del gioco, anche del divertimento se vogliamo fino a quando non colpisce. Oggi ha deciso di colpire e nulla possiamo fare se non fermarci un minuto prima di una partita di calcio o dedicare poche parole alla vittima del suo amaro gioco. Ci azzuffiamo ed azzanniamo per un arbitro miope, per un designatore arrivista, per un calciatore libertino, per un Presidente assente, per un tecnico incapace.

Ci dimentichiamo spesso che la passione deve rimanere tale, non deve diventare mai ossessione, deve essere gioia di condivisione, espressione di emozioni e sentimenti. Ci dimentichiamo spesso della fortuna di vivere così tanto pienamente uno sport che, in fondo, i veri dolori li lascia lontano dal campo da gioco.

Se il rettangolo di erba su cui si rincorre un pallone può essere preso a calci e a sputi, la strada va sempre rispettata, in ogni momento. Il calcio è un gioco e nient’altro, mentre il motociclismo, il ciclismo, l’automobilismo sono spesso scommesse dove in palio c’è qualcosa in più. Dunque ricordiamoci questo prima di prendere a male parole qualcuno dall’opinione diversa dalla nostra, prima di vivere come un lutto una sconfitta che non è nient’altro ed è strano che a ricordarci tutto questo sia stata la morte di un motociclista, così lontano eppure così vicino a noi.

Ciao Sic, il pensiero di tutti gli sportivi oggi vola a te.


Andrea - InterCafe

3 commenti:

  1. Cosa aggiungere? Nulla. In certi momenti le parole non servono e il silenzio dice molto più di mille parole.
    Ciao Sic...

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  2. E' impossibile fermare il dolore e la tristezza che pervadono il cuore, a 24 anni non si può pensare alla morte, eppure la vita è questo, non esiste vita senza la morte!.
    La morte è l'inizio di una nuova vita, buona fortuna per la prossima sfida Sic!.

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  3. Vincenzo - Universointer5 febbraio 2013 alle ore 12:44

    Un evento drammatico che ha sconvolto anche la mia domenica. RIP grande SIC.

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