C'era un tempo in cui, mio malgrado, quello che il convento passava era roba da mensa dei poveri e quindi bastavano queste scariche elettriche di pura follia calcistica per far passare il mio status domenicale (per usare un termine da facebook-generation) dall'apatico spinto all'esaltato delirante. A sorreggere una reazione di quel tipo non c'era mai un piano tattico, una "proposta" per dirla alla Luis Enrique, uno spartito vero e proprio: era solo puro, semplice, e assolutamente irrazionale istinto.
Una ordinata Sampdoria, allenata da un Novellino decisamente in gran spolvero prima di cadere in disgrazia, segna due reti a San Siro alle prime due occasioni utili? Benissimo, Mancini butta dentro Recoba, talento infinito ma forse mai pienamente convinto dei suoi mezzi illimitati, e parte un vero e proprio assedio alla porta di Antonioli, fino ai 6 minuti finali che vedono premiato l'incessante forcing di una squadra che attaccava ormai a testa bassa e senza più alcuno schema o alchimia tattica che ne giustificasse lo straripante incedere. Attenzione, stiamo parlando di furia agonistica, di sangue agli occhi, di lotta per la sopravvivenza (di un progetto, in questo caso), tutte cose che nessuno potrebbe mettersi a spiegare rimanendo sui binari della logica e armandosi di lavagnette e pennarelli.
Ecco, tra le innumerevoli cose che abbiamo smarrito in questi due anni di scellerato autolesionismo e inspiegabile ridimensionamento proprio quando il ferro da battere non era caldo, ma caldissimo, appare chiaro come vi sia anche e soprattutto questa caratteristica peculiare di tutte le ultime (vincenti e non) Inter: la follia, la capacità di essere meravigliosamente fuori di testa. Ci siamo normalizzati, siamo diventati una squadra senza nerbo e fuoco agonistico, e se l'obiettivo del nostro caro "aggiustatore" era questo devo dire che ci è perfettamente riuscito, anche con innumerevoli aiuti dai piani superiori.
Lecce e Novara, peggiori difese del campionato classifica alla mano, portano a casa i tre punti con un misero golletto a cui non è mai seguita una reazione furiosa da leoni feriti nell'orgoglio, il Bologna addirittura ne segna tre a San Siro ma sul prato della Scala del Calcio non si muove foglia. Sfortuna e non solo a Marsiglia, scena muta a Napoli come l'ultima delle provinciali. Il filo conduttore anche in prestazioni diverse nella sostanza, è sempre quello: la Pazza Inter, quella capace di tutto e in grado di schizzare di matto in un punto qualsiasi della gara regalando finali di gara assolutamente contro ogni logica di campo, non c'è più.
In questi mesi, signori, abbiamo perso qualcosa di più importante di un campione assoluto o di un geometra del centrocampo: abbiamo perso una parte del nostro folle DNA, una delle ragioni per cui anni e anni fa ci siamo innamorati di questi colori e abbiamo deciso di sposarli a vita come nella più indissolubile delle unioni.
Dopo anni ed anni di successi, dopo aver visto concretizzarsi a Madrid una delle più grandi imprese mai riuscite nella storia dello sport nostrano, e l'imbarazzo generale per una maglia ufficiale che a stento riusciva a contenere tutte le coccarde di cui ci eravamo fregiati, un'annata in tono minore senza vittorie posso e devo necessariamente accettarla. La storia insegna che tutti i cicli finiscono, e non vedo perchè noi avremmo dovuto fare eccezione: certo, qui più che di fine naturale si dovrebbe parlare di eutanasia autoindotta, ma direi che di questo ne abbiamo già parlato abbastanza. Quello che non riesco ad accettare in nessun modo, e che credo rattristi me e tutti i miei compagni di battaglia, è il vedere sgretolarsi non solo una delle Inter più belle e vincenti di sempre, ma anche l'identità di questa squadra che da tempo ha smesso di essere se stessa nel bene e nel male.
Non so voi, ma io rivoglio la mia Pazza Inter. Per adesso potrebbe già bastarmi questo per lenire le ferite di un'annata che se avessimo voluto dipingere in maniera pessimistica, di certo non avrebbe mai e poi mai toccato livelli del genere.
Antonio
Quanta verità Anto...oramai non siamo neppure più pazzi, siamo solo morti. Serve uno scatto d'orgoglio, come dice Alex, un qualcosa che faccia capire che esistiamo ancora! Anche nei momenti più bui c'era stato un motivo per sperare, adesso siamo costretti solo ad attendere la fine della stagione (e non manca poco!). La cosa mi deprime assai....
RispondiEliminaHai ragione Alex :D ...meglio piutòst!
RispondiEliminaIn questa stagione credo che il massimo che possiamo aspettarci sia giusto qualche scatto isoltato d'orgoglio che dia vita a una prestazione da "Pazza Inter"; magari in Champions col Marsiglia. Sarebbe accontentarsi di poco, ma vista l'aria che tira dalle mie parti si usa dire: "piutòst che gninto, lè mei piutòst"
RispondiEliminaContro il Novara, contro il Napoli e molte altre volte negli ultimi tempi mi è capitato di pensare "dai, magari facciamo una rimonta come quella volta con la Sampdoria". Manca la rabbia, la voglia di non mollare fino all'ultimo istante.
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