Abbiamo vissuto venti mesi di apnea, venti mesi di calcio obnubilato dove la nostra Inter arrancava più che salire e rovinava pesantemente al suolo piuttosto che perdere. Leonardo ci ha fatto credere che potesse essere lui il principe (ner)azzurro che avrebbe risvegliato la bella Inter addormentata, invece nulla, solo Eto'o ci ha tenuto su di corda l'anno scorso, e questa prima metà di stagione, dopo averlo perso, ci siamo sentiti, per larghi tratti, davvero senza guida.
Poi quella palla che bacia lentamente il palo, quella palla che entra in rete invece che uscire. Milito, il vero Principe, che corre a urlare sotto la Nord. Liberazione, gioia, profonde sensazioni: ci siamo spogliati, in una gelida notte di Gennaio, di tutte quelle negatività che si erano posate su di noi, vestendoci di un grigio che non ci appartiene, noi paladini dei colori della notte e del mare in tempesta. Il derby è stato un risveglio vero, perchè perdere tre scontri col Milan era troppo per l'Inter, troppo per noi tifosi, troppo e basta insomma.
Attenzione, non dobbiamo illuderci che ora tutto è ok, che i problemi sono così, puff, spariti. No no, da lavorare c'è ancora tantissimo, ma sei vittorie consecutive (sette con la sfida di Coppa Italia col Genoa) sono un bel segnale, soprattutto se significano tornare a poter vedere finalmente la vetta lì, non vicina ma neppure immensamente lontana, ed il Derby è stato come lo spartiacque della nostra autostima: uscire sconfitti significava ritornare nel tunnel da cui disperatamente stavamo cercando di uscire, vincere significava poter tornare a crederci, riaccendere quella fiamma dentro che si era spenta o che, forse, troppo colpevolmente avevamo lasciato morire. Ed abbiamo vinto. Ecco perchè ora inizia una nuova storia, deve iniziare una nuova storia, perchè domenica scorsa abbiamo fatto un passo importantissimo: abbiamo guardato il passato, abbiamo preso il meglio di quel passato e poi l'abbiamo accantonato. Quel passato vincente è stato, da quella magica notte di Madrid, una spada di Damocle sopra la nostra testa, fissa e pericolante, sempre pronta a cadere. Non siamo mai stati in grado di reagire davvero, di alzarci sulle punte e staccarla quella spada, fino al Derby.
Grande difesa, squadra corta, solidità a centrocampo, sempre pronti a ripartire. Questo è il lascito dell'Inter del Mou, ma ora non basta più e Ranieri l'ha capito. Ora serve, innanzitutto, un progetto e senza obbiettivi veri non si può avere un progetto da costruire. Ecco cosa significa essere tornati a lottare per lo scudetto, significa essere tornati ad avere un obbiettivo reale e consistente, degno dell'Inter; significa anche poter lavorare sul mercato senza eccessive pressioni ma con in testa, ben delineato, un cammino da intraprendere; significa anche che, improvvisamente, ti ritrovi in squadra giocatori rinati: un Milito che non ti fa sentire così tanto il bisogno di un Tevez; un Maicon che tira come il miglior Beckham e si mangia la fascia manco fosse Bolt nei duecento; un Poli che detta il ritmo a centrocampo come un direttore d'orchestra; un Faraoni che ti fa ricordare il primo Santon e lo fa apparire schiappa; un Obi che detta assist da Cristiano Ronaldo e corre come un Emerson. Miracoli del calcio, miracoli che solo un gol in un derby poteva fare, miracoli che sarebbe brutto cancellare. La nuova storia potrebbe davvero essere iniziata, ma solo con la Lazio ne avremo la certezza. Ecco perchè è meglio dimenticarci di settimana scorsa e rimetterci a lavorare come sempre...non dobbiamo permettere nuovamente al passato di rovinarci il presente.
Andrea - Inter Cafè
Poi quella palla che bacia lentamente il palo, quella palla che entra in rete invece che uscire. Milito, il vero Principe, che corre a urlare sotto la Nord. Liberazione, gioia, profonde sensazioni: ci siamo spogliati, in una gelida notte di Gennaio, di tutte quelle negatività che si erano posate su di noi, vestendoci di un grigio che non ci appartiene, noi paladini dei colori della notte e del mare in tempesta. Il derby è stato un risveglio vero, perchè perdere tre scontri col Milan era troppo per l'Inter, troppo per noi tifosi, troppo e basta insomma.
Attenzione, non dobbiamo illuderci che ora tutto è ok, che i problemi sono così, puff, spariti. No no, da lavorare c'è ancora tantissimo, ma sei vittorie consecutive (sette con la sfida di Coppa Italia col Genoa) sono un bel segnale, soprattutto se significano tornare a poter vedere finalmente la vetta lì, non vicina ma neppure immensamente lontana, ed il Derby è stato come lo spartiacque della nostra autostima: uscire sconfitti significava ritornare nel tunnel da cui disperatamente stavamo cercando di uscire, vincere significava poter tornare a crederci, riaccendere quella fiamma dentro che si era spenta o che, forse, troppo colpevolmente avevamo lasciato morire. Ed abbiamo vinto. Ecco perchè ora inizia una nuova storia, deve iniziare una nuova storia, perchè domenica scorsa abbiamo fatto un passo importantissimo: abbiamo guardato il passato, abbiamo preso il meglio di quel passato e poi l'abbiamo accantonato. Quel passato vincente è stato, da quella magica notte di Madrid, una spada di Damocle sopra la nostra testa, fissa e pericolante, sempre pronta a cadere. Non siamo mai stati in grado di reagire davvero, di alzarci sulle punte e staccarla quella spada, fino al Derby.
Grande difesa, squadra corta, solidità a centrocampo, sempre pronti a ripartire. Questo è il lascito dell'Inter del Mou, ma ora non basta più e Ranieri l'ha capito. Ora serve, innanzitutto, un progetto e senza obbiettivi veri non si può avere un progetto da costruire. Ecco cosa significa essere tornati a lottare per lo scudetto, significa essere tornati ad avere un obbiettivo reale e consistente, degno dell'Inter; significa anche poter lavorare sul mercato senza eccessive pressioni ma con in testa, ben delineato, un cammino da intraprendere; significa anche che, improvvisamente, ti ritrovi in squadra giocatori rinati: un Milito che non ti fa sentire così tanto il bisogno di un Tevez; un Maicon che tira come il miglior Beckham e si mangia la fascia manco fosse Bolt nei duecento; un Poli che detta il ritmo a centrocampo come un direttore d'orchestra; un Faraoni che ti fa ricordare il primo Santon e lo fa apparire schiappa; un Obi che detta assist da Cristiano Ronaldo e corre come un Emerson. Miracoli del calcio, miracoli che solo un gol in un derby poteva fare, miracoli che sarebbe brutto cancellare. La nuova storia potrebbe davvero essere iniziata, ma solo con la Lazio ne avremo la certezza. Ecco perchè è meglio dimenticarci di settimana scorsa e rimetterci a lavorare come sempre...non dobbiamo permettere nuovamente al passato di rovinarci il presente.
Andrea - Inter Cafè
La sfida con la Lazio è quasi più importante del derby. Contro i biancocelesti dobbiamo dare conferme e dimostrare che ci siamo anche noi e che lassù dovranno fare i conti anche con il battaglione nerazzurro.
RispondiEliminaLa partita di stasea è la vera prova del nove: col Milan si è girata pagina, oggi dobbiamo dimostrare di voler cambiare proprio libro. Ce la faremo? Spero e credo di si, ma la sfida non è sicuramente facile eh...
RispondiEliminainter di merda
RispondiEliminaAhahah un commento ben argomentato noto con piacere :)
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